Come conciliare il dovere di non traumatizzare i bambini (dai tre anni e mezzo ai nove anni e mezzo) e il loro diritto a sapere la verità sulla morte e sul lutto? Dobbiamo educare i bambini di fronte al trauma della morte violenta – e della morte in genere – a imparare ad accettare la realtà e ad affrontarla anche emotivamente, oppure a rifiutarla e a sottrarvisi in qualche modo anche distraendosi, oppure ancora a sospendere il giudizio? Nel primo caso dobbiamo comunicare al bambino dei “fatti”, negli altri due casi dobbiamo raccontare “favole”. Questo libro vuole dimostrare che “fatti” e “favole” non sono incompatibili nella comunicazione sulla morte e sul lutto con i bambini. Quello che conta è l’ordine: con un bambino non bisognerebbe mai cominciare con le “favole” (che parlano del desiderio che la morte non ci sia o possa essere vinta) e finire con i “fatti” (che parlano dell’impossibilità di evitare la morte e il lutto), ma bisognerebbe prima pronunciare parole di realismo e poi parole di desiderio.