La mattina del 27 febbraio 1931 i passeggeri del primo treno in transito sulla linea Prato-Firenze notano un corpo accasciato lungo la massicciata: è il cadavere di Andrea Graziani, classe 1864, luogotenente della Milizia volontaria, generale pluridecorato della Grande Guerra, grosso calibro del partito fascista.
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Come è morto il Graziani? È stato un suicidio? Una caduta accidentale? Un furto finito male? L’ispettore Ottaviano Malossi, classe 1899, inizia a scavare con prudenza, tra resistenze, false piste e pressioni dall’alto: bisogna fare presto, trovare colpevoli se ve ne sono, ma soprattutto consegnare quanto prima il corpo dell’eroe della Patria agli onori che il regime vuole tributargli. Il viaggio alla ricerca della verità sarà più lungo del previsto, e, dai binari della linea Prato-Firenze, l’ispettore Malossi sarà condotto lontano nel tempo e nello spazio, indietro fino all’ottobre del 1917, lungo le strade fangose del Friuli e del Veneto, percorse da un esercito in rotta, o, per dirla con le parole dei dispacci ufficiali, in «ripiegamento strategico» dalle trincee pietrose dell’Isonzo al Piave e al Monte Grappa. Capitolo dopo capitolo, alle indagini dell’ispettore Malossi si alterna l’esperienza del Vecio, fante italiano testimone silenzioso del disastro di Caporetto, e, prima ancora, di una vita di trincea resa intollerabile da mille difficoltà materiali, cui si aggiunge il rigore insensato di una gerarchia pronta a far pagare con la fucilazione anche la più banale infrazione del regolamento. Il racconto ci conduce così attraverso la censura occhiuta delle lettere dal fronte, il massacro dei «ragazzi del ’99» mandati al macello senza il tempo di ricevere una giusta preparazione, le fucilazioni sommarie per disubbidienza a ordini assurdi, o soltanto per mancanza di coraggio di fronte all’orrore assoluto. Il tutto mediato da un’accurata ricerca linguistica in grado di recuperare il «gergo di trincea», il codice, espressivo e talvolta imprevedibile, con cui gli italiani, per la prima volta nella storia, tentarono di superare le differenze linguistiche in una situazione nella quale non capirsi poteva significare la morte. Andrea Graziani fu protagonista dell’esecuzione, il 3 novembre 1917 a Noventa Padovana, dell’artigliere Alessandro Ruffini, colpevole di averlo salutato militarmente senza prima essersi levato di bocca il sigaro che stava fumando. Il 27 febbraio 1931 Graziani fu trovato mortosui binari nel tratto Prato-Firenze: la causa della morte non fu mai accertata, anche se le autorità dell’epoca archiviarono il caso come una caduta accidentale dal treno. Ma un uomo che cade per errore dal treno non va a finire sulla scarpata opposta a quella di marcia. Chiuse in tutta fretta le indagini, celebrato il funerale, la stampa non parlerà più del caso. Ma i dubbi restano: si è davvero trattato di incidente oppure qualcuno potrebbe avere avuto un movente per uccidere il luogotenente della Milizia?